“La mano è la finestra della mente” diceva Kant circa 200 anni fa. Infatti la mano, tra tutti gli arti umani, è quello che compie i movimenti più svariati. L’artigiano muove la sua mano per creare le più belle e creative manifatture. La relazione tra la mano e la testa, riguardante gli artigiani, è un argomento interessante. La scienza ha cercato di dare un punto di vista di come tutte le modalità della mano influiscano sul pensiero.
In effetti, fin dall’Ottocento, un medico e cristiano convinto, Charles Bell, riteneva che la mano ci fosse stata data da Dio, pronta per essere utilizzata per creare. Darwin, però, in seguito si contrappose all’idea di Bell, sostenendo che, durante l’evoluzione, il cervello delle scimmie andava aumentando ogni volta che utilizzavano le mani con fini diversi. I nostri antenati così impararono a tenere cose in mano, a pensare a che cosa vi tenevano ed infine a foggiarle. L’etnologa Mary Marzke tenta di distinguere tre forme fondamentali di presa: la pinza semplice, la presa palmare e la presa a coppa. Solo dopo che l’uomo ha sviluppato questi tre movimenti può iniziare la rivoluzione culturale. In questo momento, l’uomo ha cominciato a creare pensieri sull’oggetto che teneva in mano. Circa 100 anni fa, Charles Sherrington parlava di “tatto attivo”. Invece, oggi si discute di “tatto localizzato”, cioè l’esplorazione di un oggetto da parte delle dita che stimola il cervello. I calli delle mani, frutto del duro lavoro, sono un caso particolare di “tatto localizzato”, perchè, proteggendo le terminazioni nervose della mano, il callo rende meno esitante l’atto di sondare. Proprio il callo è la caratteristica del vero artigiano.
Molto spesso, si possono trovare nelle persone vari preconcetti, i quali denigrano il lavoro manuale. Mentre, come abbiamo visto, la mano ha una considerevole influenza sulla mente.
Dunque, si può concludere che la mano e la testa sono strumenti che si uniscono perfettamente nella creazione di un oggetto da parte dell’artigiano.